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LA LETTERA DI RITRATTAZIONE DI PAPA PIO VII A NAPOLEONE BONAPARTE [1] CORAGGIOSO ESEMPIO DI UN PONTEFICE CHE DOMANDÒ PERDONO PER I SUOI CEDIMENTI ALLA RIVOLUZIONE Documento presentato al Parlamento e al Movimento critico internazionale |
CIRCOLARE - ANNO II n.24/07 |
Appello a Sua Santità Benedetto XVI: Santità, ecco un esempio da seguire subito, prima che N.S. Gesù Cristo, unico vero Dio, la chiami a renderGli rigoroso e stretto conto del suo operato. La Redazione Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi |
“Sire, per quanto penosa sia al nostro cuore la confessione che noi stiamo per fare a Vostra Maestà, qualunque pena che questa confessione possa a Ella causare, il timore dei giudizi di Dio, di cui la nostra età avanzata e il deperimento della nostra salute ci richiamano da più tempo, deve renderci superiori ad ogni considerazione umana, e farci disprezzare le terribili angosce alle quali noi siamo in preda in questo momento. Comandati dal nostro dovere, con la sincerità e la franchezza che conviene alla nostra dignità, noi dichiariamo a Vostra Maestà che, dopo il 25 gennaio (1814) giorno in cui apponemmo la nostra firma agli articoli che dovevano servire di base al trattato definitivo, di cui si fa menzione, i più grandi rimorsi e i più vivi pentimenti non hanno cessato di straziare la nostra anima che non può più trovare pace né riposo.[2] Noi riconoscemmo subito, e una continua e profonda meditazione ci fa sentire ogni giorno di più l’errore nel quale noi ci siamo lasciati trascinare, sia per le controversie sopravvenute negli affari della Chiesa, sia anche per il desiderio di compiacere Vostra Maestà. Un solo pensiero moderò un poco la nostra afflizione; era la speranza di rimediare, attraverso l’atto di accordo definitivo. Ma quale non fu, il nostro profondo dolore, allorché con nostra grande sorpresa, e malgrado ciò che era stato convenuto con Vostra Maestà, non vedemmo pubblicare sotto il titolo di Concordato quegli stessi articoli, che non erano altro che la base per l'accordo futuro! Gemendo amaramente e dal fondo del nostro cuore sull’occasione di scandalo dato alla Chiesa con la pubblicazione di detti articoli, pienamente convinti della necessità di riparare, se noi potemmo astenerci per il momento di manifestare il nostro sentimento, e di fare intendere i nostri reclami, ciò fu unicamente per prudenza, per evitare ogni precipitazione in un affare così capitale. Sapendo che entro pochi giorni, noi avremmo avuto la felicità di incontrare il Sacro Collegio, nostro naturale consigliere, riunito presso di noi, noi volemmo attenderlo per aiutarci con i suoi lumi e prendere in seguito una decisione, non su ciò che noi ci riconosciamo obbligati a fare in riparazione di ciò che abbiamo fatto, perché Dio ci è testimone della decisione che noi abbiamo presa fin dal primo momento, ma sulla scelta del miglior modo da adottarsi per l’esecuzione di questa decisione. Noi non ne abbiam potuto trovare uno più conciliabile con il rispetto che portiamo a Vostra Maestà, che quello di indirizzare a Vostra Maestà, questa lettera. E’ alla presenza di Dio, di fronte al quale saremo presto obbligati a render conto dell’uso del potere che ci ha concesso, come vicario di Gesù Cristo, per il governo della Chiesa che noi dichiariamo in tutta sincerità apostolica, che la nostra coscienza si oppone invincibilemente all’esecuzione di diversi articoli contenuti nello scritto del 25 gennaio. Noi riconosciamo con dolore e confusione, che ciò non sarebbe per costruire ma per distruggere, che noi faremo uso della nostra autorità, se noi avessimo la sventura di eseguire ciò che noi abbiamo imprudentemente promesso, non per alcuna cattiva intenzione, come Dio ci è testimone, ma per pura debolezza e come cenere e polvere. Noi indirizzeremo a Vostra Maestà, in rapporto a questo scritto firmato dalle nostre mani, le stesse parole che il nostro predecessore Pasquale II indirizzò in un Breve ad Enrico V, in favore del quale egli aveva fatto una concessione che gli eccitava a giusto titolo i rimorsi della coscienza. Noi diremo con lui: “La Nostra coscienza riconosce il nostro scritto cattivo, noi lo confessiamo cattivo, e con l’aiuto del signore noi desideriamo che esso sia cassato interamente, alfine che non risulti alcun danno per la Chiesa, né alcun pregiudizio per la nostra anima”. Noi riconosciamo che qualche articolo può essere emendato da una nuova redazione per mezzo di qualche modifica o cambiamento; ma riconosciamo allo stesso tempo che gli altri sono essenzialmente cattivi, contrari alla giustizia, al governo della Chiesa che Gesù Cristo ha lui stesso stabilito; che essi sono per questo, ineseguibili e devono essere interamente aboliti”. |
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